martedì 29 dicembre 2009

Un anno di viaggi e musica




Si chiude un anno in cui ho percorso migliaia e migliaia di km in tutti i modi possibili e immaginabili: treno, aereo, strade e via discorrendo. Non ultimo con la mente. Voglio riassumerlo attraverso concerti che ho visto in giro e che mi sono rimasti cuciti sulla pelle, senza dilungarmi eccessivamente in descrizioni di un periodo così bello e complesso.
Non seguo un ordine gerarchico, anche perché cambiano parecchio i generi musicali e gli artisti.
Il 2009 me lo voglio ricordare così…



Londra, Royal Festival Hall, 20 giugno
CHARLIE HADEN LIBERATION MUSIC ORCHESTRA

Sono a Londra per la seconda volta in pochi mesi. Prima di partire, spulciando in rete in cerca di eventi e concerti, scopro tra le altre cose un festival spettacolare organizzato da Ornette Coleman. Si tiene a Southbank, alla Royal Festival Hall. Ci sono almeno una decina di concerti a cui mi piacerebbe assistere, ma salta agli occhi un nome: Charlie Haden, per la quarta volta in quarant’anni ha riunito la Liberation Music Orchestra in occasione del festival.
Il concerto va che è una bellezza: una quindicina di musicisti free jazz diretti da Carla Bley, altro mito vivente. La musica, grazie anche all’acustica perfetta, arriva direttamente in profondità senza mediazioni.
Memorabile l’arrivo sul palco di Robert Wyatt con una tromba, a portare il concerto al suo apice: Song for Che, straziante ed emozionante marcia funebre, dedicata da Haden a Che Guevara morto da pochi anni. Siamo nel 1969.
Alla fine del concerto compare anche Ornette sul palco per un lungo abbraccio con Charlie Haden, che ringrazia il pubblico per avere “grandi orecchie per ascoltare la sua musica”.
Sembra di aver vissuto in un sogno per quasi tre ore.
Invece per fortuna è tutto vero…


Arezzo, Piazza Libertà, 1 luglio
PATTI SMITH

E’ l’ultimo mese prima di lasciare Siena, dopo anni intensi vissuti sempre a tutta velocità. Decido di andare al concerto all’ultimo momento insieme a quattro splendide amiche, quattro splendide amanti della sacerdotessa rock.
Accompagnata dal fido Lenny Kaye (che spettacolo sentirlo suonare) e da qualche membro della famiglia, Patti viaggia su sonorità acustiche, ripercorrendo a scossoni e salti trent’anni e passa di carriera.
Non c’è mai un momento per tirare il fiato e il finale è con “Gloria”, il pubblico in piedi fin sotto al palco e un concerto che non mi sarei mai aspettato così vibrante.
Serata meravigliosa, una delle ultime nell’amata Toscana.


Madrid, Sala Sol. 3 luglio
THE GORIES + OBLIVIANS

Sono passati solo due giorni e sono a Madrid, per suonare con i miei Ultra Twist il giorno successivo dagli amici del bar La Buena, a Malasaña. La sera del venerdì andiamo tutti insieme a vedere le due band riformate e in tour insieme. La Sala Sol è spettacolare, un vecchio salone da ballo d’altri tempi, convertito al rock’n’roll, con il palco ad angolo su una scalinata di tre gradini. Cominciano gli Oblivians e sai già che è una di quelle serate in cui il sudore ti esploderà addosso. Il loro set è una bella mazzata, l’atmosfera si scalda parecchio. Ma sono i Gories a far decollare per un’ora la gente subito sotto al palco, che più che pogare fluttua nell’aria stringendosi, ballando e sudando parecchio.
Che concerto!
E che città!
Ho suonato il giorno dopo, per la terza volta in meno di un anno, e viaggiato in lungo e in largo per una settimana in compagnia della mia Nico, salutando e riabbracciando di volta in volta vecchi amici. Una bella quantità di posti dove andare per concerti e tantissima bella musica. E mi dicono che negli ultimi anni, la situazione si sia un bel po’ affievolita. Difficile da crederci.


San Francisco, Rickshaw club, 29 agosto
DIRTBOMBS + TY SEGALL

A fine agosto, dopo aver attraversato due volte gli Stati Uniti in furgone e aver suonato quasi tutte le sere, arriviamo a San Francisco, tornando così nella città da cui eravamo partiti un mese prima. Mi sento leggero, dopo sedicimila km di paesaggi, persone, concerti e tantissime nuove esperienze.
La penultima notte d’America andiamo a vedere i Dirtbombs di Mick Collins, visto coi Gories a luglio, e viviamo un altro concerto sotto il palco in mezzo alla gente e con tonnellate di watt sporchi e cattivi rovesciati addosso dagli amplificatori e dai colpi mortali delle due batterie. Prima l’ottimo Ty Segall, che spero di strada ne faccia veramente tanta.
Quanto a me, termina un viaggio poetico e disperato, di quelli che ti danno una energia enorme per i mesi a venire.
E infatti sono ancora in botta


Lisbona, Centro Cultural de Belem, 1 novembre
STEVE REICH

Ritorno a Lisboa dopo cinque anni. Siamo a fine ottobre e nulla sembra essere cambiato, rispetto a quando ci ho vissuto. O quasi. La città se la dorme sulle sue colline dispensando poesie. Ne ripercorro le strade, come se mancassi da una settimana, mi arrampico per i suoi quartieri, come se un po’ mi appartenessero.
E forse è anche così.
Con Nico passeggiamo per kilometri sulla spiaggia di Costa da Caparica in un pomeriggio di sole caldo e ci tuffiamo tra l’odore di sardinhas arrosto dei vicoli e il vociare della gente. La sera del primo novembre andiamo a vedere Steve Reich che, da padrone assoluto del suono concreto e minimale, parte dalla celeberrima Clapping Music e se ne va a zonzo per alcune delle sue opere più significative, regalando a chi si trova al centro culturale emozioni senza sosta.


ALTRI CONCERTI

Ce ne sarebbero un sacco ancora da annotare qui.
Ma voglio ricordare i concerti organizzati a Siena con il mio amico Lev e tutta la combriccola di Villa Serena. Su tutti il Primo Maggio in campagna a Quercegrossa con nove gruppi a suonare dal pomeriggio a notte inoltrata, i concerti di Movie Star Junkies e Feeling of Love nella cantina dei Propositivi dietro Piazza del Campo, il concerto dei B-Back nella contrada dell’Onda, i Female Troubles, i Capputtini i’Lignu alla Facoltà di Lettere, i Thee Verduns. Tutte giornate, passate a caricare strumenti e amplificatori, cucinare, vivere e suonare.
E i Fleshtones al Sonar a Colle Val d'Elsa!

E poi il tour per l’Europa, quando abbiamo vagato in Ungheria per tre giorni, senza arrivare mai a Belgrado né a Zagabria. Pazienza!
E, come sempre si concludono questi excursus, speriamo di fare meglio per l’anno che viene!

lunedì 21 dicembre 2009

La cantina del rock 108: Mississippi Delta Blues



Su queste pagine abbiamo già parlato di blues e senz'altro accadrà ancora.
Non se ne può fare a meno.
In compagnia del mio amico Massimino ci siamo fatti un'ora scarsa risalendo il Mississippi con tanta musica bella sporca nei testi, nella musica, nelle registrazioni.
Abbiamo cercato di raccontare la vicenda e i protagonisti, dovendo ahimè fare una selezione spietata per ragioni di tempo di quella che è la musica del diavolo, che pare proprio in persona abbia avuto a che fare con il signor Robert Johnson.
Da Big Bill Broonzy, ai vari cantori ciechi e vagabondi per le strade d'America (Willie Johnson, Willie McTell), alla Cocaine che trasuda feeling di Jay Abner, passando per la spledida voce femminile di Elizabeth Cotten, la slide guitar di Mississippi Fred McDowell, fino a San Francisco (Bay Blues) di Jesse Fuller.
Mississippi John Hurt canta di Stack O'Lee, il primo gangster nero e Charlie Patton i suoi blues ubriachi.  
La puntata si conclude con "The house of the rising sun", il bordello di New Orleans cantato da Leadbelly.

venerdì 11 dicembre 2009

La cantina del rock 107: R'n'R Terrorists







Recuperare lo spirito del blues, andando a fondo della tradizione musicale. Appropriarsi di un repertorio collettivo, personalizzandolo e utilizzandolo di volta in volta come fonte di espressione che, partendo da quei tre accordi, riesce ad essere sempre nuova.
La musica dei R'n'R Terrorists non sente compromessi: parte dalle radici campagnole del suono, vissute con attitudine punk, e se ne va a spasso per la sua strada, prendendo di volta in volta ciò che le serve per continuare il viaggio. O, per meglio dire, rubando.
"Stolen blues" è una raccolta di dodici blues "rubati, storpiati e condivisi", come si legge sulle note di copertina. Niente di più vero. Nessuna pretesa di originalità, nessuna ricostruzione filologica.
Unicamente la voglia di suonare, esprimere in una esplosione di chitarre slide, voci, urla, armonica e percussioni un qualcosa di personale che appartiene un pò a tutti.
Tantevvero che il gruppo, per le canzoni del disco, cita esplicitamente le fonti di ispirazione da cui ha attinto di volta in volta. Ma non sognatevi neanche un secondo di ascoltare un pezzo che già conoscete, perché il tutto è sempre rimescolato e, proprio come i blues della tradizione, rivive in una propria luce e in un contesto del tutto personale.
Si parte con "Dose of Power", un blues da vecchia locomotiva di quelli che ti sporcano la faccia di carbone e di cui non si capisce bene chi possa essere l'autore. Meglio così. Le sensazioni sono subito buone. Il suono, grazie soprattutto a una registrazione fatta in casa come le cose migliori, è materia bollente e basterebbe da solo a farci arrivare alla fine del disco.
Se il viaggio è senza tempo, si può raccogliere un pò dappertutto. E infatti le fonti di ispirazione non sono ricollegabili a un periodo solo.
Si passa dalle parti del Delta, con una sferragliante "You Gotta Move" (Fred McDowell), un'eterna, quanto difficile da riconoscere, "Stack'o Lee" (Mississippi John Hurt), e il Robert Johnson di "Preaching blues".
Si salta fino quasi ai giorni nostri con "Devil in the flesh" e "Bottom of the sea" della coppia Billy Childish - Dan Melchior, "Hammer me down" (Soledad Brothers) e i DM Bob and The Deficits (Two headed woman), lasciandosi per strada anche blues senza un autore (What will I do) per arrivare senza problemi a una versione indemoniata di "Free Speech for the dumb" addirittura dei Discharge (!). E c'è anche il tempo per un caffè (Coffee), messo su dai R'n'R Terrorists in una pausa delle registrazioni.
Il disco esce per l'encomiabile "Bubca Records", in edizione limitata di 200 copie numerate."Stolen blues" si può richiedere direttamente all'indirizzo dell'etichetta. Se siete interessati a organizzare concerti scrivete direttamente al gruppo a questo indirizzo.


giovedì 3 dicembre 2009

La cantina del rock 106: Road to Ruins Festival





Torna l'appuntamento con il "Road to Ruins festival", punto di riferimento per gli amanti del punk e di tutta quella musica ispirata all'attitudine do-it-yourself.
Il festival giunge alla sua nona edizione e porta nella Capitale nomi importanti della scena internazionale e italiana. A fronte di problemi logistici che hanno funestato l'organizzazione, saranno tredici le bands a far impennare la fredda temperatura del dicembre capitolino, con cinque serate tra chitarre distorte, ritmi incalzanti e vibrante rock'n'roll.
Si comincia martedì 8 dicembre all'Init con il ritorno sulle scene dei Germs, band di culto formatasi a Los Angeles nel 1977 con Darby Crash (voce), Pat Smear (chitarra), Lorna Doom (basso), e Don Bolles (batteria).
Tre anni di attività, una manciata di singoli e un solo disco in studio, una pietra miliare chiamata "GI" (Slash Records), ma un impatto dirompente sulla musica a venire. La band ha infatti il merito di aver trapiantato e sviluppato in modo nuovo e seminale i "germi" del punk inglese nel variegato filone dell'hardcore californiano.
Sono passati quasi trent'anni, Shane West è alla voce al posto del compianto Crash, morto di overdose nel dicembre 1980, e i Germs tornano dal vivo con una serata che si preannuncia ad alto tasso adrenalinico.
Il concerto sarà preceduto dalla proiezione del film biografico sulla band "What we do is secret", del regista Rodger Grossmann, con lo stesso West nel ruolo di Darby Crash.
Giovedì 10 al Mads in scena il "Road to Ruins r'n'r party" con gli americani di Seattle The Cute Leepers in veste di headliners. Capitanati da Steve E. Nix, già con The Briefs, affondano il proprio sound nel power pop, nel mod revival di fine '70 e nel punk rock.
Accanto al classico organico chitarra-basso-batteria, la band sfodera coriste in formazione fissa e non disdegna di inserire fiati negli arrangiamenti. A completare il cartellone i punk rockers abruzzesi One Trax Minds e i veterani romani Kill Time per una serata tutta da ballare.
Il giorno successivo il festival si sposta alla Locanda Atlantide con gli inglesi The Caravans, trio rockabilly di vecchia data e con una solida base nel punk inglese, e gli italiani The Rockin Bandits. Serata poi tutta da ballare con dj set e spettacoli.
Sabato 12 serata conclusiva del festival al Jailbreak di via Tiburtina con una vera e propria maratona musicale. A causa dei sopravvenuti problemi logistici saranno infatti ben sette le bands a dividersi lo stage.
Il pezzo forte della serata saranno i Superyob, combo inglese proveniente dalla south east londinese. In attività da quindici anni, il quartetto - Frankie Flame voce e piano, Dave Haystacks alle chitarre, Chipshop John al basso, Ace alla batteria - si muove tra mod e punk, con l'aggiunta di influenze oi! e glam. Per questa unica data italiana i Superyob presentano l'ultimo lavoro in studio "Quality Street".
Sul palco in successione: gli svedesi Double Knock Out dediti al punk rock da strada, le skin bands Pinta Facile da Roma e Roll Call dalla Sardegna, L'hardcore al fulmicotone dei Grand Theft Age, la Oi! band Automatica Aggregazione e i giovanissimi Feccia Hardcore.


Non mancate!


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