sabato 30 ottobre 2010

“Hello everybody. This is Radio Caroline broadcasting on 199, your all day music station”





Articolo uscito in due puntate su AtlantideZine. Ripercorre la storia delle Radio Pirata offshore dagli anni '60 ad oggi. E' collegato a due puntate de "La cantina del rock", andate in onda su Radio Popolare Roma rispettivamente il 16 e il 23 ottobre


Sabato 28 marzo 1964 una voce irrompe nell’etere inglese: sui 199 metri in onde medie Simon Dee annuncia la nascita di Radio Caroline, passando poi la parola al dj Cristopher Moore che lancia la prima canzone: “Not fade away” singolo dei Rolling Stones uscito un paio d’anni prima.
Radio Caroline trasmette da una nave ancorata in acque internazionali davanti alle coste dell’Essex. Per la prima volta il rigido monopolio della BBC viene apertamente sfidato da una programmazione imprevedibile fatta di ingredienti che la radio di stato fino a quel momento ha censurato: il rock’n’roll, declinato in tutte le sue forme, voci e schitarrate, e il disc jockey, un amico che fa compagnia e manda in onda la musica migliore.
Pur con tutte le variazioni di contesti e mezzi utilizzati, le radio pirata offshore hanno alcuni tratti comuni. 

Le navi utilizzate sono vecchi mercantili 
o navi militari, ancorate
nel Mare del Nord, al largo nelle acque internazionali tra l’Olanda e la Gran Bretagna e trasmettono in onde medie (AM) o in modulazione di frequenza (FM). I motori vengono sostituiti da potenti generatori di corrente e sul ponte della nave viene installata un’antenna, che può arrivare a 40 metri di altezza e che, in balia del forte  vento e delle tempeste, sbilancia di frequente la nave.
Sottocoperta, ben insonorizzato, vi è lo studio per la trasmissione. A bordo generalmente, vivono i disc jockey e i membri dell’equipaggio. Una lancia fa la spola con la terra ferma, portando a bordo rifornimenti, dischi e la corrispondenza degli ascoltatori.
Il fenomeno delle emittenti offshore nasce ufficialmente il 2 agosto 1958 con Radio Merkur, che trasmette in FM su una nave battente bandiera panamense, la Cheeta I, ormeggiata davanti alle coste danesi. Il successo è immediato: inserzionisti pubblicitari del calibro di Ford e American Tobacco fanno lievitare gli introiti commerciali e il pubblico abbandona in massa la monotona radio di stato per sintonizzarsi sulle frizzanti frequenze di Radio Merkur.
Nel 1962 il governo danese promulga una legge che proibisce le emissioni di radio pirata in zone limitrofe alle acque territoriali. Il 12 giugno di quell’anno un abbordaggio delle forze speciali danesi pone fine a questa pionieristica avventura radiofonica.
Ma il seme della libertà d’espressione e dei bucanieri dell’etere è stato oramai gettato.
Il 21 aprile 1960 comincia le trasmissioni Radio Veronica, che trasmette da una vecchia nave faro tedesca, la Borkum Riff, ancorata davanti alle coste olandesi.
Utilizzando un ricevitore a onde medie da 10 kilowatt, Veronica riesce a trasmettere in tutto il nord Europa. Gli studi non sono a bordo, i programmi vengono registrati a terra in una località segreta e portati a bordo su una piccola lancia.


Tra il 1964 e il 1967 le acque internazionali prospicienti l’Inghilterra si popolano di vecchie navi e di radio che trasmettono rock’n’roll, rhythm’n’blues, soul, ma soprattutto che ottengono un seguito vastissimo a scapito della BBC. 
Il 9 maggio 1964 Radio Atlanta comincia a trasmettere sulla stessa frequenza di Caroline a partire dalle 18, garantendo sui 199 metri 24 ore di musica. Successivamente le due emittenti si fonderanno in Radio Caroline, trasmettendo dalla motonave Mi Amigo.
Alla fine dell’anno, a bordo del Galaxy, un possente dragamine americano registrato in Honduras, partono le trasmissioni di “The Big L”, ovvero Radio London. Si trattava della più grande stazione radio offshore: 780 tonnellate, 24 uomini di equipaggio, quattro studi di registrazione per trasmettere in diretta su 4 frequenze diverse. Sarà la radio più ascoltata nella capitale inglese e tra i disc jockey ci saranno personalità del calibro di John Peel, con il programma di punta “The perfumed garden”.














Se queste sono le esperienze di maggior spessore, vanno consegnate alla storia almeno un altra decina di radio pirata offshore tra cui: Radio Nord e Radio Syd dalla Svezia, Radio Red Rose dalle acque internazionali vicino l’Irlanda del Nord, Radio Shannon, Radio Scotland, Radio 270, Radio North See, Radio Essex davanti all’estuario del Tamigi.
Altre emittenti, tra cui vanno ricordate Radio Sutch e Radio Invicta, vengono installate non su navi, bensì su forti abbandonati nel canale della Manica. Queste postazioni erano state costruite dall’esercito inglese durante la seconda guerra mondiale come avamposto marino per fermare la flotta tedesca e con la loro forma circolare si prestavano bene ad essere utilizzati come stazioni radio.
La diffusione del rock’n’roll in Europa e il successo di gruppi, come Beatles, Rolling Stones, Who, Kinks - solo per citarne alcuni - è dovuta alle radio pirata, che, assieme a Radio Louxembourg, per prime hanno mandato in onda suoni che la radio pubblica ignorava e censurava. E proprio quest’ultima, interesse precipuo di paludati governi, non sarebbe rimasta alla finestra.


Perché lo facevamo? Perché il nostro bisogno di comunicare attraverso la radio ci ha fatto passare trent’anni di problemi con la legge?
Non è soltanto il fatto di poter trasmettere un disco dei Rolling Stones senza avere l’autorizzazione, è un fatto di libertà.
Prima di essere spenta dal Broadcasting Act, Radio Caroline era l’unica stazione radio inglese che non aveva un controllo diretto da parte delle istituzioni. Le ragioni ufficiali delle chiusura della nostra stazione non furono le nostre possibili interferenze ad altre radio o le nostre violazioni alle leggi sulle acque territoriali, ma solo il fatto che tutto quello che non riesce ad essere controllato dal governo deve essere eliminato.
Peter Moore, Radio Caroline Manager, 1994.


Per due anni i governi di mezza Europa si mobilitano per ammainare la bandiera dell’etere libero, ma cavilli burocratici di diritto internazionale non permettono di agire in modo unitario. 
E allora il governo inglese ci pensa da sé, varando un decreto ad hoc, il “Marine Broadcasting Offences Act”, che mette fuorilegge chiunque trasmetta a bordo di navi nelle zone limitrofe alle acque territoriali inglesi, oltre a tutti coloro, dj, marinai o sostenitori, che prendano parte al progetto.
Le radio pirata, temendo ripercussioni legali, chiudono i battenti il 14 agosto 1967, giorno in cui entra in vigore il decreto. 
Tutte tranne una. 
Si tratta di Radio Caroline, che continua a trasmettere per un altro anno, finché non ne viene imposta la chiusura nel 1968. Le navi “Caroline” e “Mi Amigo” vengono svendute all’asta e tutta l’attrezzatura, smontata, viene depositata in un magazzino nel retro di un negozio di dischi ad Amsterdam.
Sotto la spinta culturale delle emittenti offshore, il panorama radiofonico inglese è intanto mutato. Una scelta editoriale dai risvolti epocali apre le porte della radio pubblica inglese ai suoni del rock e della pop music, a lungo censurati: Radio BBC1 diviene un canale musicale con le più note voci delle radio pirata - Tony Blackburn, John Peel, Johnnie Walker - ingaggiate a suon di sterline. 
Se una stagione radiofonica sembra finita per sempre qualcosa si muove sotto la cenere. 
Nel 1969 Radio Andorra dedica una serie di trasmissioni speciali a Radio Caroline, con la partecipazione di alcuni dj dell’emittente, mentre l’anno successivo la stazione pirata olandese Radio North International utilizza il nome Radio Caroline per una feroce campagna mediatica contro il deputato conservatore Harold Wilson, uno dei maggiori  artefici della chiusura delle stazioni pirata nel 1967.
Nel frattempo il vulcanico Ronan O’Rahilly, fondatore dell’emittente, riesce a trovare finanziamenti in Olanda e nel 1972 viene finalmente riacquistata la Mi Amigo. Occorre un anno per ricostruire l’antenna e riparare i generatori, ma il 5 settembre  Caroline è di nuovo on air con test di trasmissione che si protraggono per tutto l’inverno, finché nel giugno del 1973, davanti alle coste olandesi, ricominciano le trasmissioni regolari.
Sono ben quattro le stazioni radio a bordo e vanno in onda a orari alterni, con una marcata impronta hippie e psichedelica. 
Caroline I e II sono dedicate esclusivamente alla musica pop, Radio Atlantis ha una programmazione musicale più variegata, mentre Radio Seagull è la prima stazione pirata a trasmettere non solo musica, ma anche discorsi e insegnamenti ispirati al pacifismo, all’antirazzismo, alla non violenza.
Il successo è considerevole, segno che, nonostante la radiofonia pubblica trasmetta da anni musica rock, il pubblico preferisce i bucanieri del rock’n’roll e le loro imprese dal Mare del Nord.
Nel 1974 il governo olandese, preoccupato dal successo di Caroline, vara una feroce legge antipirateria che rende di fatto impossibili le trasmissioni offshore nelle acque limitrofe i confini territoriali.
La Mi Amigo torna a trasmettere davanti alle coste inglesi, ma le condizioni si fanno sempre più precarie. Il governo di sua Maestà ingaggia una lotta senza esclusione di colpi contro l’emittente: le lance che portano rifornimenti e dischi a bordo vengono regolarmente fermate e sequestrate, i collaboratori e i dj multati, arrestati e processati,  mentre gli articoli che parlano della radio censurati.
Diviene sempre più difficile trovare finanziatori e pubblicità e si apre una voragine nei conti dell’emittente, tanto che non possono essere effettuati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, necessari e ricorrenti nelle acque tormentate del mare del Nord.
Nel settembre1976 una delle ancore si rompe e la nave vaga alla deriva incagliandosi in un banco di sabbia, mentre l’equipaggio viene tratto in salvo da una nave da pesca olandese. I soldi per una nuova ancora non ci sono e così un manipolo di dj organizza  un’incursione notturna in un porto della costa belga dalle parti di Ostend, rubando l’ancora da una petroliera in disarmo.
Poco tempo dopo un guasto ai generatori lascia la nave per mesi senza energia elettrica a bordo. Ma le trasmissioni, seppur a intervalli, continuano fino al 2 marzo 1980, quando la Mi Amigo, dopo aver nuovamente perso l’ancora, si scontra contro un grosso banco di sabbia. In poche ore la nave simbolo della libertà d’espressione radiofonica per 15 anni, si inabissa nelle gelide acque del mare del Nord.



Il personale e i dj a bordo, dopo essere stati tratti in salvo, vengono consegnati alle autorità inglesi e processati.
Ancora una volta tutto sembra perduto. 
Ma Ronan O’Rahilly è un irlandese particolarmente testardo e non si da per vinto. Trova nuovi finanziatori e tre anni dopo Radio Caroline è di nuovo nell’etere europeo, questa volta a bordo della rompighiaccio Ross Revenge. Il ritorno è in grande stile, con una grossa campagna pubblicitaria e la notizia pubblicata sui giornali di tutto il mondo.
Sono passati 17 anni e Caroline è ancora on air, nonostante l’opposizione dei governi di molti stati europei, e per qualche anno le cose sembrano andare per il verso giusto, nonostante le barche utilizzate per portare rifornimenti a bordo vengano puntualmente sequestrate dalla guardia costiera inglese e i dj perseguiti penalmente.
Ma nel 1987 una tempesta fa crollare le antenne e ci vuole un anno perché la radio possa tornare a trasmettere. 
Il governo Thatcher ha intanto deciso che chiuderà la stazione pirata con ogni mezzo a disposizione, aprendo all’uso della forza, in violazione dei più elementari trattati nautici internazionali.
Sono le 9 del mattino del 18 agosto 1989 quando il cutter olandese Landward, con a bordo ufficiali del Dipartimento del Commercio e dell’Industria (il DTI) e forze di polizia olandesi, affianca la Ross Revenge, rivendicando l’azione con il pretesto di interrompere le trasmissioni di World Mission Radio, servizio in onde corte, che trasmette sulla banda di frequenza 6215.5 khz, destinata ad uso nautico.
A bordo della Ross Revenge si comprende la drammaticità della situazione e per tutto il giorno vanno in onda appelli agli ascoltatori e alla comunità internazionale.
Durante la notte successiva la nave militare Volants si avvicina alla nave e trenta uomini delle forze speciali inglesi, olandesi, belghe e francesi vanno all’arrembaggio, distruggendo in pochi minuti le apparecchiature trasmittenti e gli studi, sequestrando il materiale ancora utilizzabile e arrestando personale di bordo e dj.
Dopo circa un mese e mezzo Caroline riprende a trasmettere con uno studio e un trasmettitore di fortuna. Ma il primo novembre 1990, strangolata dalle difficoltà economiche, termina le trasmissioni dalle acque internazionali, mentre dj ed equipaggio vengono tratti in salvo da un elicottero della RAF.
Da allora Caroline è tornata nell’etere due volte, trasmettendo nella zona di Londra mediante due licenze speciali RSL (Restricted Services Licenses). Le trasmissioni continuano ancora oggi sul web (www.radiocaroline.co.uk) e via satellite.

Altre latitudini, altre radio. altri personaggi. 
Come Abie Nathan, un caparbio pacifista israeliano deciso a cambiare lo scenario in Medio Oriente a colpi di rock’n’roll.
Nel 1973 dalla nave cargo olandese MV Peace, ancorata davanti alle coste israeliane, comincia le trasmissioni “Voice of Peace”, una radio che parla inglese, francese, arabo ed ebraico, trasmette a un bacino di quaranta milioni di persone e vuole favorire il processo di pace. 
Non a caso uno dei principali sostenitori dell’emittente è John Lennon e la sua “Give Peace a Chance” viene utilizzata come jingle.
L’ultima trasmissione va in onda il 28 novembre 1993. Quel giorno il proprietario Abie Nathan ha affondato la nave, perché strangolato dai debiti, ma anche perché con gli accordi di Oslo tra Israele e Palestina ha ritenuto che la missione della radio fosse terminata. La storia non gli ha dato ragione, ma quel giorno prima dell’affondamento “Voice of Peace” ha suonato l’inno pacifista “We shall overcome” di Pete Seeger.
Ancora nel 1993, nelle acque internazionali del Mar Adriatico davanti alle coste dell’ex Jugoslavia, sulla nave Droit de Parole viene installata Radio Brod, finanziata dall’Unione Europea per trasmettere in più lingue e cercare di portare al dialogo e alla pace. Nei mesi successivi l’escalation militare pone fine alle trasmissioni.
A tutt’oggi non ci sono notizie di radio pirata offshore e sembra che uno dei fenomeni più interessanti e davvero liberi della radiofonia sia solo un libro di ricordi. 
Ma non è mai detto.
Negli ultimi mesi pare infatti che alle isole Fiji un gruppo di attivisti del “Fiji Democracy and Freedom Movement” stia cercando di organizzare una radio pirata offshore, per denunciare, oltre la cortina della censura governativa, la feroce dittatura del capo dell’esercito Bainimarama.



Bob Colella
La cantina del rock
ogni sabato alle 18.30 su Radio Popolare Roma (103.3 fm)



venerdì 8 ottobre 2010

Metto la prima!













Domani pomeriggio alle 18.30 sarò in diretta dagli studi di Radio Popolare Roma con nuove puntate de "La cantina del rock".
Sono passati quattro anni dalla prima volta, era fine ottobre 2006, e tantissima è stata la musica mandata in onda e decine le persone scese a fare due chiacchiere giù da noi.
Ora torniamo in onda. 
Cambierà un po' il format e la struttura delle puntate, ma rimarrà lo spirito di fondo della radiofanzine, che vuole dare spazio al rock'n'roll nelle sue forme più attuali e sincere. 
Vi faremo compagnia fino alla prossima estate ogni sabato dai microfoni di Radio Popolare Roma.
Per gruppi, etichette, fanzine e quant'altro, scriveteci per inviarci materiale. Accettiamo vinili, cd, cassette, mp3, minidisc e nastri da 1/4 di pollice!
Queste le coordinate per ascoltarci:
a Roma in FM: Radio Popolare Roma FM 103.3 mhz
dovunque in streaming: www.radiopopolareroma.it

mercoledì 15 settembre 2010

La Cantina...Popolare




E finalmente si ricomincia!

La cantina del rock torna in onda con nuove puntate.
A partire da ottobre, ogni sabato saremo in diretta dagli studi di Radio Popolare Roma con un’ora di musica nera, vera e cruda. 
Ululati, interviste, notizie su concerti e naturalmente tantissima musica.
Ogni settimana scenderemo nelle cantine a pescare ottime bottiglie, magari blues di Chicago ’50, garage texano ’60, o piuttosto qualche ottima annata tipo 1977 o cabernet di sound australiano.
Contemporaneamente saremo in strada su qualche scalcagnato furgone a scorrazzare per le autostrade della musica underground, tra band autoprodotte a colpi di viscerale do-it-yourself.
La cantina del rock, come tutta l’ottima programmazione della radio, si potrà ascoltare sui 103.3 mhz per Roma oppure in streaming sulla pagina web dell’emittente
Come sempre le puntate saranno poi scaricabili in podcast, assieme a tutto il materiale trasmesso fino a oggi, sul nostro sito web.
Contattateci per segnalazioni di gruppi, concerti, iniziative e per inviare materiale in vinile, cd o cassetta.
Per ora non resta che salutarvi ringraziando la redazione di Radio Popolare Roma che ci offre questa splendida possibilità. 
Rock'n'roll!
Bob & Lev

La Cantina del Rock

venerdì 28 maggio 2010

Eighties Colours: il rock italiano degli anni '80



Esisteva un mondo tanti anni fa. Così comincia una vecchia canzone tratta dal primo album degli Avvoltoi, datata 1988. Di anni ne sono passati tanti e finalmente arriva un libro a fare un po' di luce su quello che fu l'underground italiano degli anni '80. Non è il primo e speriamo non sia l'ultimo, ma "Eighties Colours. Garage, beat e psichedelia nell'Italia degli anni Ottanta" (Coniglio Editore) si colloca già come un capitolo irrinunciabile per chi c'era e per chi invece non ha vissuto in prima persona quegli anni. L'autore è Roberto Calabrò, giornalista per "Repubblica", "L'Espresso", il "Venerdì", ma soprattutto grande esperto di musica e dei suoni del periodo in questione. Un periodo molto più sfaccettato rispetto a quanto si vuol fare credere. Dal punto di vista musicale ci fu chi, e non furono pochi, si rituffò nella musica degli anni '60, ricercandone lo spirito, la freschezza e l'ingenuità. Ma non solo. Ne recuperò suoni e strumenti - all'epoca il vintage non esisteva e una chitarra Fender di vent'anni prima aveva ancora un prezzo più che accessibile - e cominciò a suonare. Non c'era internet né i viaggi low cost, ma quei ragazzi – Not Moving, Sick Rose, Birdmen of Alkatraz, Pikes in Panic, No Strange per citarne alcuni - riuscirono a formare bands, ad andare a Londra in treno, tornando con pile di vinili o strumenti, a registrare dischi e organizzare concerti, a mettere in piedi una fanzine e a far circolare informazioni. La chiamarono neopsichedelia. Fu sicuramente una ventata di aria fresca, qualcosa di nuovo per uscire dall'asfittico grigiore del decennio. Ma fu soprattutto una fucina di grandi gruppi e di dischi imprescindibili. Proprio a loro è dedicato "Eighties Colours": un prezioso volume corredato di un sontuoso apparato fotografico, di interviste ai protagonisti, della discografia completa del periodo 1985 - 1990, frutto di un accurato lavoro di ricerca durato due anni 

L'autore è in impegnato al momento impegnato nel tour di presentazione del libro.
Qui sotto le date romane, maggiori informazioni: www.robertocalbro.blogspot.com

Martedì 1 giugno: Spazio daSud, via Gentile da Mogliano 170, al Pigneto. ore 20 
Venerdì 11 giugno: Hellnation Record Shop, in via Nomentana 113. ore 18

giovedì 13 maggio 2010

MARK LANEGAN: UNA VOCE DA BRIVIDI




Torna in Italia Mark Lanegan con la sua personalità carismatica e una carriera costellata di dischi, cadute e rinascite. Da Seattle protagonista di un percorso che lo ha portato dal grunge alle folk songs, passando per i Queens of the Stone Age. In concerto venerdì 14 al Circolo degli Artisti (da Post.it - Giugno 2010)

Un personaggio carismatico. Una voce profonda ed evocativa. Un animo travagliato intriso di blues e oscurità. Tutte affermazioni che riconducono a Mark Lanegan, forse uno degli ultimi folk singer rimasto a cantare il mondo senza dividere l'arte dalla vita. Ma che non bastano a descrivere la personalità sfuggente di un artista che in venticinque anni si è espresso attraverso un caleidoscopio di sonorità e stili. Unico parametro di riferimento: quella voce così bassa da scavarti dentro, quel mood lancinante di demoni e bassifondi, quella grana magnetica che dispensa brividi ad ogni ascolto.
Piace pensare a Lanegan come a uno di quei narratori di cui potresti non ricordare perfettamente i lineamenti del volto, ma di cui riconosci la voce appena comincia a raccontare.
E per quanto lo si possa ritrovare nelle più disparate collaborazioni, il cantante di Ellensburg non sopporta le luci della ribalta, preferendo rimanere nell'ombra.
La sua carriera comincia a metà degli anni '80 da frontman degli Screaming Trees, in una Seattle in cui sembra che qualcosa stia per esplodere. La band, inserita nel calderone grunge, non avrà la stessa fortuna di altre blasonate formazioni del periodo rimanendo un gruppo di culto.
Nel frattempo, siamo nel 1990, lavora al suo primo disco solista. Si tratta di "The Winding Sheet" (Sub Pop Records), con la collaborazione tra gli altri di Kurt Cobain e Chris Novoselic. L'album mostra una strada più intimista, intrisa di un folk blues oscuro e personale.
Sarà questa la cifra stilistica dominante di una produzione discografica rarefatta nel tempo, costellata di problemi di tossicodipendenza, lotta contro i propri fantasmi, perdita di amici, cadute e rinascite.
Come nel 1994 con "Whiskey for the Holy Ghost", una perla in una esistenza devastata, o qualche anno dopo con "Scraps at Midnight", registrato al Rancho de La Luna, nel deserto della California, dopo un periodo di disintossicazione. O subito dopo con l'album "I'll take care of you", tributo alle sue origini musicali e agli artisti che lo hanno ispirato, tra cui l'amico Jeffrey Lee Peirce (Gun Club) con una versione di Carry Home per chitarra, voce e brividi.
Gli anni Duemila vedono Lanegan impegnato su più fronti: su disco e in tour con i Queens of the Stone Age, con l'amico fraterno Greg Dulli con il progetto Gutter Twins e poi con l'ex  Belle & Sebastian Isobel Campbell e addirittura con il duo trip-hop Soulsavers.
C'è il tempo per alcuni capolavori: Field Songs (2001), album della maturità tra chiaroscuri folk e ruvidi episodi blues; "Bubblegum" tre anni dopo, con la produzione dell'amico Josh Homme e illustri collaborazioni, tra cui spicca il nome di Pj Harvey.
Domani Mark Lanegan sarà in concerto al Circolo degli Artisti con la sua voce e la sua straordinaria personalità, in tour per cantare storie torbide, murder ballads, canzoni in acustico e anticipazioni di quello che potrà essere il prossimo album solista di un artista così misterioso e influente.

giovedì 8 aprile 2010

Thee Verduns: l'ultima diretta de La Cantina da Radio Facoltà di Frequenza





Siena. Un pomeriggio di metà febbraio del 2009. Sono le 17:30 e dagli studi di Radio Facoltà di Frequenza sui 99.4 mhz in FM va in onda "La cantina del rock", episodio numero 103. 
Rispetto alla sostanziale solitudine che, assieme alle luci spente e a una birra, contraddistingue i miei pomeriggi in diretta, quel giorno c'è un bel po' di movimento.
Sono appena arrivati i Thee Verduns, duo di Metz che suona "love punk songs", e, dopo dolci di carnevale e un bicchiere di vino, siamo in diretta. 
La regia è un elemento cruciale della puntata perché il gruppo suonerà in diretta: un mixer aggiuntivo, un microfono a condensatore e soprattutto a dirigere le operazioni Jim Coxhill, che sarà determinante nel catturare i suoni di quell'ora scarsa alternata tra concerto e un'intervista in un inglese che risente dei paesi di provenienza degli interlocutori.
Nicholas e Ann-Cecile quella sera suoneranno in una stalla nella campagna senese, e non ci sarebbe potuto essere posto più' appropriato. Un freddo martedì sera d'inverno con un centinaio di persone venute ad ascoltare quelle canzoni ora sussurrate ora più incalzanti. 
Una serata inaspettata e di grande intensità.
Nei mesi successivi sarebbero stati molti i concerti organizzati, vissuti, partecipati, sudati. 
Ma non in radio. 
Col banale pretesto di un trasloco della redazione, la radio avrebbe chiuso i battenti, lasciando la sostanziale amarezza di sentirla ancora trasmettere al giorno d'oggi. Sono le playlist che risalgono a un anno e mezzo fa, un patrimonio bruciato dalla inadeguatezza dei piani alti dell'università.

Stay tuned! 

domenica 4 aprile 2010

La Cantina del Rock: marzo rock'n'roll


Un po' a rilento, ma le cose che contano hanno tempi sempre un po' più lunghi. In questo caso c'ho messo un mese per rimettere mani sul blog. Evito di parlare di tutto quello che è successo durante. Se ne sono viste delle belle, ma rinvio a prossimi e meno urgenti momenti il racconto.
Ora voglio parlare dei tre dischi che, sempre in pillole, ho recensito per Post.it per il numero di marzo. Spiccano i Capputtini i'Lignu, che hanno fatto veramente un grande disco., uscito per Jeet Kune Records etichetta bella nuova come quest'aria di primavera.
Mi riprometto di essere un po' più costante nell'aggiornamento.


Capputtini i'Lignu 
Capputtini'i Lignu
2010

Due chitarre, una cassa, un cembalino e poco altro. Quanto basta ai Capputtini i'Lignu per combinare una miscela punk blues che farebbe saltare in aria una banca.
Il disco è un viaggio su una vecchia caffettiera a vapore. Si procede a scossoni, su scomode  panche di legno e in carrozze dal puzzo di sigaretta stantia. Ideale colonna sonora di un (rail)road movie in bianco e nero tra campi di cotone sconfinati e spazi metropolitani iperaffollati.  
La strumentale intro lascia presagire ciò che sarà: una chitarrina lontana e un rapido regolamento di conti che subito deflagra nell'acida "3x3". I deragliamenti sono continui, e i ritmi si fanno incalzanti (She's a crime), incandescenti (Bite in the neck blues e American Dream) e serrati (The robbery). 
Ci sono canzoncine sbronze da aperta campagna (Fire Flies, U'r like an ocean to me), strane invocazioni  notturne (Mr Death), ballate stralunate dal retrogusto malinconico "A betty full of rocks". Tornano vecchi fantasmi con "Wang Dang Doodle" scritta da Willie Dixon e suonata da mezzo mondo. 
Con la faccia ormai sporca di catrame, "Lord's fists" è l'ultimo episodio del viaggio. Pronti a girare il disco e ricominciare da capo.



Jacuzzi Boys 
No Seasons 

Gli Jacuzzi Boys, da Miami, ragazzini che hanno dato alle stampe ben cinque 7 pollici prima di arrivare al debutto sulla lunga distanza. Uscito negli ultimi mesi del 2009 per la Floridas Dying, "No seasons" è un disco che si beve tutto d'un fiato.
Basso, chitarra e batteria che trovano un interessante equilibrio tra i suoni di un passato ancestrale fatto di blues, giungla e psichedelia acida e allargata. Pura energia che non riesce a stare tra i solchi del disco. Una strada personale a ciò che oggi è rock'n'roll.


 The Doggs 
Sex, the doggs & r'n'r 
www.myspace.com/thedoggs69 
autoproduzione 
2009

I Doggs sono di Milano e vengono fuori negli ultimi mesi con questo EP autoprodotto, in pura etica D.I.Y.
Detroit Sound a vagonate, atmosfere stoogesiane e street rock'n'roll, con un orecchio ben puntato sul deragliamento cupo e metropolitano da macchina lanciata a tutto gas di notte sui vialoni della Motor City.
Il dischetto scivola via velocemente: lancinanti le trame di farfisa e sax, azzeccato ma che non guasterebbe sentire un po' più sporco. Possono fare buone cose dal vivo.

lunedì 8 febbraio 2010

Tre dischi per Post.it: febbraio 2010


Tre dischi per il numero di febbraio di Post.it. L'ultimo di Jay Reatard, qualche mese prima della prematura scomparsa. Poi l'ultimo degli Strange Boys, prima della recente uscita per la Riugh Trade. Quindi Ty Segall, che speriamo arrivi in Europa e in Italia molto presto.
Presto numerose sorprese, rimanete in contatto con La Cantina del Rock anche su myspace e facebook, oltre che sul sito archivio con tutte le puntate aggiornate periodicamente.



Jay Reatard
Watch Me Fall
www.myspace.com/jayreatard 
Matador
2009

La notte tra il 12 e il 13 di gennaio si è portata via Jay Reatard, trent'anni da compiere e una militanza musicale che andava avanti da quindici. Da quando, alla metà degli anni '90, impazziva per gli Oblivians nella nativa Memphis.
Molti e notevoli i gruppi, dai Reatards ai Lost Sound, passando per altre band, altri dischi, altre formazioni estemporanee, alcuni piccoli capolavori.
Nel 2009 è uscito “Watch me Fall” per la Matador. Un disco dai suoni morbidi, aperto a un pubblico più vasto, quasi ignorato dai fan storici. Ma dal vivo Jay non lesinava randellate ed esplosiva miscela punk. Mancherà davvero tanto.



Strange Boys
The Strange Boys and Girls Club
www.myspace.com/thestrangeboys 
In the Red
2009

Da Austin, Texas, con un gran bel disco e un sound da viaggio mentale. Non hanno neanche vent'anni gli Strange Boys, ma gli States li hanno percorsi in lungo e in largo già molte volte.
Dopo singoli ed Ep, arriva il debutto sulla lunga distanza: sedici canzoni che una volta entrate in testa non ne vogliono sapere di uscire.
Tutto quello che viene chiamato sommariamente rock'n'roll in tutte le sue sfaccettature, ma in realtà molto di più di una definizione. Prossimo disco in uscita per Rough Trade.


 Ty Segall
Lemons
www.myspace.com/tysegall
Goner records
2009

Negli ultimi anni l'ex ragazzino Ty ha sconquassato la Bay Area con i Traditional Fools.
Nel frattempo suonava da solo, registrando “Horn the Unicorn” in cassetta per Wizard Mountain e poi un album omonimo nel 2008 per Castle Face. Ora è la volta di Lemons: Ty, che si fa accompagnare da amici  in concerto, concepisce i pezzi da one man band, dimostrando fervida creatività nella scrittura e nella registrazione.